PREMESSA
Ogni praticante di Taijiquan spiega a proprio modo cosa è questa vasta diciplina. Alcuni si limitano a ripetere quello che hanno ascoltato dai propri insegnanti mentre altri provano a dare la propria interpretazione dopo anni di pratica. Tutto questo è normale ed è anche comprensibile dato che ognuno, nel corso della vita, non fa altro che condividere quel che ha compreso attraverso il fare mentale e/o corporeo. Allo stesso tempo chi fa ricerca e insegna questa materia, con il fine di tramandarla alle generazioni future, ha il dovere e la responsabilità di provare a restituire un quadro più ampio di quella che può essere la propria esperienza personale. Ogni esperienza personale è limitata rispetto a una storia che ha attraversato i secoli grazie a generazioni di praticanti, studiosi e ricercatori che si sono avvalsi del “contenitore” Taijiquan al fine di addestrare vari aspetti. Aspetti che con il passare del tempo hanno trasformato il contenitore in contenuto.
Uno dei passaggi del mio libro in merito ai Classici di Wang (ovvero il primo Classico, in termini storici, del Taijiquan) ci aiuta a dare una definizione ampia e onnicomprensiva della materia qui trattata. Questo è utile per andare oltre le definizioni personali e per avere uno sguardo aperto così da accogliere il senso ampio del Taijiquan. Ho quindi deciso di condividere pubblicamente un piccolo passaggio del mio libro contenente una frase di Wang (e la inerente traduzione/spiegazione) che ci aiuta nella comprensione di cosa è davvero l’arte del Taijiquan.
Per ovvi motivi, al fine di avere una visione approfondita della materia qui trattata, da ogni punto di vista, si dovrebbe avere la possibilità di leggere il mio libro nella sua interezza “I tre Classici del Taijiquan di Wang, Wu e Li – Traduzione e commentario“.
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Passaggio 20
原书注云: 此系武当山张三丰祖师遗论, 欲天下豪杰延年益寿, 不徒作技艺之末也。
TRADUZIONE
Dal libro originale: “Questi insegnamenti sono stati tramandati dal Grande Maestro Zhang Sanfeng della montagna Wudang. Il suo scopo è di aiutare tutte le persone del mondo a migliorare la salute e a guadagnare longevità. Le abilità di quest’arte non sono concepite per fini esclusivamente marziali”.
COMMENTARIO
Ci sono molti interrogativi su questa frase e diversi studiosi credono che non sia stata scritta da Wang Zongyue (presunto autore, secondo tradizione, della prima stesura) ma sia un’aggiunta di un periodo successivo. La frase comunque segue quella che può essere considerata una delle diverse tradizioni daoiste e, ad ogni modo, chiunque l’abbia scritta lo ha fatto in un momento storico in cui già si accreditava l’invenzione del Taijiquan al mitico personaggio Zhang Sanfeng.
La frase ha avuto un grande impatto sulla pratica del Taijiquan negli ultimi duecento anni e lo ha tutt’ora. Infatti l’affermazione ha influito in modo sostanziale nell’universo del Taijiquan, dato che pone le basi per un’etica della pratica. Questa frase infatti, a una prima lettura, ci dice che perseguire la salute e la longevità, così come diffondere le tecniche utili a tal scopo, sia più importante dell’accrescere e affinare abilità di tipo combattivo che invece servono, almeno potenzialmente, a fare del male agli altri. L’idea contenuta nella frase ha quindi portato gradualmente, alcuni insegnanti e talune scuole, alla convinzione che il Taijiquan non è un’arte marziale e dovrebbe essere adoperato solo per la salute e per il bene altrui.
Osservando le tendenze socioculturali ed alcune vocazioni intellettuali dell’Asia orientale negli ultimi secoli si può pensare che la frase sia stata scritta tra la metà e la fine del 1800, ma questa è solo una teoria, quindi non è detto che il manoscritto originale (prima stesura) non contenesse già la frase qui analizzata.
Altre tesi sostengono che la frase è il frutto di alcuni errori di trascrizione in cinese, oppure che questa sia figlia del pensiero di qualche Maestro giunto a un certo livello di coltivazione interiore. Inoltre non si può sottovalutare la forte influenza che il buddhismo ebbe nella cultura cinese, soprattutto durante la dinastia Tang.
Tra chi vince in battaglia mille volte mille nemici e chi vince soltanto sé stesso, costui è il migliore dei vincitori di ogni battaglia.
Siddhartha Gautama (Buddha)
Ad ogni modo, ancora oggi la frase crea un certo dibattito e non è un caso se in alcune scuole di Taijiquan, in Asia così come in occidente, si sia completamente persa la componente marziale originale. Inoltre, nel corso del tempo, ci sono state diverse sovrapposizioni tra alcune forme di Qi Gong medico e la pratica del Taijiquan. Aspetto che in alcuni casi ha portato i praticanti di Taijiquan a tralasciare la base marziale e a snaturare il lavoro con il Qi (energia vitale) peculiare dell’arte in questione.
A prescindere dalle diverse teorie la frase sottolinea una verità, ovvero che il Taijiquan è un percorso a più strade: marziale (corpo fisico), salutare (corpo energetico), spirituale (corpo mentale). Chiaramente queste tre strade possono essere viste come un’unica Via, come fecero alcuni grandi Maestri del passato. D’altronde è anche normale che un giovane uomo (o donna) sia interessato più al suo “corpo fisico” (crescita) di quanto non lo sia un vecchio che, al contrario, è naturalmente più portato a lavorare sul suo “corpo mentale” (distacco), così come un uomo di mezza età è più concentrato sul proprio “corpo energetico” (mantenimento). In effetti pare normale che per ogni età ci sia una diversa propensione, ma la cosa interessante, per gli studiosi del Taiiquan, è che quest’arte riesce ad assecondare la tendenza di ognuno, dimostrandosi uno strumento estremamente cangiante che si adatta alla luce di ogni praticante.
La frase inoltre sembra echeggiare dal passato dando un avvertimento a tutte le persone attratte dal solo aspetto marziale del Taijiquan, ovvero per coloro che sono incapaci di focalizzarsi su aspetti diversi da quelli legati allo scontro e al combattimento. Ergo: la frase è una sorta di ammonimento per chi è incapace di dimorare in luoghi diversi dal proprio ego. A tal proposito il noto Maestro Yang Chengfu (楊澄甫) scrisse nel suo testo “Taijiquan shiyong fa” (太極拳使用法, “Metodi di applicazione della boxe Taiji”):
Quando vi allenate nelle arti della boxe – che si tratti dello stile Wudang o dello Shaolin – una volta che siete divenuti capaci, assicuratevi di non dimenticare le altre persone e di non diventare presuntuosamente orgogliosi. Si dice spesso che “c’è sempre qualcuno migliore” e che “dopo ogni persona competente che incontri, ce n’è sarà un’altra”. Questa verità è semplicemente la via di ogni cosa.
Il perseguimento di uno scopo di “livello superiore” non significa però dimenticare l’aspetto marziale di “livello inferiore”. Essendo il Taijiquan un’arte basata su uno stile di autodifesa, il “livello superiore” può essere compreso a partire dalla base, il “livello inferiore”, che è marziale. Esattamente come un albero da frutto non può certo fiorire prima di mettere radici, anche per il Taijiquan vale lo stesso. Quindi, con “basso livello” non bisogna intendere qualcosa di deprecabile ma al contrario un momento utile al fine di giungere a comprensioni di altra natura. Certamente ci sono molte Vie buone per raggiungere determinate consapevolezze, senza dovere imparare un’arte marziale, ma qua si sta chiarendo cosa è il Taijiquan.
Una volta create delle buone radici l’albero potrà avere un tronco saldo ed equilibrato, così da potere accogliere delle fronde folte, ricche di foglie, fiori e frutti. L’auspicio quindi è che dopo aver compreso il “basso livello” del Taijiquan venga alla vita tutto il resto. Dal livello terreno verso il livello celeste.
L’analogia con l’albero dovrebbe far comprendere che la pratica del Taijiquan è una trasformazione nella quale i tre stadi, “terreno”, “umano” e “celeste” devono essere in armonia. Per potere creare armonia bisogna lavorare gradualmente su ogni fase, partendo dal “basso”, ma senza ossessionarsi su nessuna. L’ossessione porta a disfacimento. Se all’albero che sta mettendo le radici viene data troppa acqua per lungo tempo questo marcirà ancor prima di poter creare tutto il resto. Ovvero: una volta compresi i vari aspetti del livello marziale del Taijiquan bisogna lasciarsi liberi di andare oltre, senza stagnare e senza inseguire l’illusione di qualche presunta “invincibilità”. Per ogni età interiore ci sono diversi momenti e le cose importanti sono soggettive e mutevoli.
È chiaro quindi che il Taijiquan si contraddistingue tra i molteplici stili marziali perché non è utile solo a combattere ma anche a perseguire uno scopo di livello superiore nel raggiungimento della salute, della longevità e dell’illuminazione personale. Non a caso il termine Taiji è stato spesso inteso, a partire dal passato remoto della cultura cinese, come sinonimo di Dao, nel senso di Via luminosa da perseguire.
Molte altre arti marziali, di creazione più recente rispetto al Taijiquan, dicono di avere i medesimi scopi sopra descritti, ma rimane il fatto che possono essere considerate “imitazioni successive”. Il Taijiquan infatti è la prima arte marziale mai creata – se osservata da un punto di vista storico – che abbia messo in chiaro, anche in forma scritta, i principi, le idee e gli scopi. Da questa incredibile forma marziale dello yin-yang tutti gli altri stili di combattimento hanno successivamente preso ispirazione in modo diretto o indiretto, evolvendosi verso sistemi più complessi e completi.